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ISTAT: RETRIBUZIONI, +2,2% SU BASE ANNUA

La retribuzione oraria media nel mese di marzo 2023 è cresciuta del 2,2% rispetto a marzo 2022. In particolare, il rialzo è dell’1,4% per i dipendenti dell’industria, dello 0,9% per quelli dei servizi privati e del 4,9% per i lavoratori della pubblica amministrazione. I settori che presentano gli incrementi annui più elevati sono: vigili del fuoco (+11,7%), ministeri (+9,3%) e servizio sanitario nazionale (+6,4%). L’aumento è invece nullo per edilizia, commercio, farmacie private e pubblici esercizi e alberghi. Lo comunica l’Istat, che ci tiene a evidenziare come nel primo trimestre 2023 la differenza tra la dinamica dell’inflazione e quella delle retribuzioni contrattuali è di sette punti percentuali rispetto all’indice Ipca. A marzo l’inflazione annua è pari al 7,6% per l’incide Nic e all’8,1% per l’indice Ipca.

Questo divario è il problema più importante connesso con l’inflazione. Se gli stipendi salgono del 2,2% mentre il costo della vita del 7,6%, tre volte e mezzo di più, le famiglie si impoveriscono e quelle che già faticano ad arrivare a fine mese scendono sotto la soglia di povertà. Una questione non solo di giustizia sociale, ma anche economica. L’innalzamento progressivo del livello generale dei prezzi comporta la diminuzione del potere di acquisto della moneta, cioè dei beni che possono essere acquistati con una determinata quantità di moneta, con effetti negativi sui consumi e, quindi, sul Pil.

E’ sempre l’Istat a rilevare che a marzo il tempo medio di attesa di rinnovo per i lavoratori con contratto scaduto è pari a 23,4 mesi, ossia due anni. Un tempo interminabile vista l’impennata dei prezzi.

Articolo realizzato nell’ambito del Programma generale di intervento della Regione Lombardia con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello sviluppo economico D.M. 10.08.2020