L’inflazione è la più iniqua delle tasse perché colpisce soprattutto i ceti più bassi che, a differenza di quelli alti, spendono in consumi la maggior parte del loro reddito. E’ la tesi, più che condivisibile, di Luigi Einaudi. Una tassa invisibile e inavvertita grazie alla quale lo Stato, tramite l’Iva, incassa più soldi ogni volta che i prezzi salgono, ma con effetti regressivi visto che i cittadini sono tassati tutti in modo proporzionale, con le stesse aliquote: 22% quella ordinaria, 10%, 5% e 4% quelle ridotte. Non si tiene conto, insomma, del criterio della progressività e della capacità contributiva fissato dall’art. 53 della Costituzione.
L’inflazione è rimasta bassa per anni. L’Italia era addirittura in deflazione (ossia i prezzi su base annua scendevano) da maggio a dicembre 2020, per via della pandemia, dei lockdown e della conseguente recessione. A partire da luglio 2022, però, è iniziata progressivamente a decollare: dall’1,3% di giugno si è passati all’1,9% di luglio, poi 2,5% a settembre, 3% a ottobre, 3,9% a dicembre (il triplo rispetto all’inflazione di giugno in appena 6 mesi), 4,8% a gennaio, 5,7% a febbraio, un record che non si registrava dal novembre 1995, più di un quarto di secolo fa.
Luce, gas e benzina.
La ragione? Quella principale è il rincaro dei beni energetici, ossia luce, gas e benzina, senza i quali a febbraio l’inflazione annua sarebbe solo al 2,1%, 2,7 volte meno rispetto al +5,7% registrato. A fronte della ripresa economica mondiale legata alla fine dei lockdown e al conseguente aumento della domanda di energia non ha fatto seguito un corrispondente rialzo dell’offerta. Ad esempio, i Paesi Opec+ (ossia i vecchi Paesi Opec, più, altri come Sudan, Messico e, guarda caso, Russia), dopo aver ridotto, all’inizio della pandemia, la produzione del petrolio per 10 milioni di barili al giorno poi l’hanno incrementata solo di 400 mila. E così i prezzi dei carburanti sono in salita da mesi.
Al caro energia (+103,4% l’energia elettrica nel mercato tutelato da febbraio 2021 a febbraio 2022, +86,5% il gas del mercato tutelato) e al caro carburanti (+24% il gasolio, +21,9% la benzina, +38,7% Gpl e metano) si è aggiunto ora anche il rincaro dei beni alimentari (+5% a febbraio). In parte per alcuni cattivi raccolti, come il frumento duro in Canada e negli Stati Uniti che ha determinato a febbraio un aumento annuo della pasta (fresca e secca) del 14,6%, in parte perché i beni energetici, oltre ad avere effetti diretti sulle tasche degli italiani quando vanno a fare il pieno di benzina o pagano le bollette, determinano una crescita dei costi di produzione e di trasporto delle imprese che, ovviamente, traslano sul consumatore finale i maggiori costi. Insomma, a pagare sono sempre le famiglie.
La guerra in Ucraina.
In questo contesto già allarmante, si è aggiunta ora la guerra in Ucraina e le speculazioni sono esplose. Rialzi del tutto ingiustificati, non perché la guerra non possa avere in futuro effetti sui prezzi, come conseguenza della riduzione delle importazioni di alcune specifiche materie prime importate da Ucraina e Russia, come l’olio di girasole (Russia e Ucraina sono i primi due esportatori al mondo e i 2 primi fornitori dell’Italia), ma perché i prezzi si sono impennati prima ancora che queste riduzioni ci fossero. Un esempio per tutti è quello dei carburanti. Le quotazioni internazionali del petrolio sono subito volate solo sulla base dell’ipotesi di uno stop dell’import dalla Russia che, però, per il momento non c’è stato. Ancora più infondati i rincari alla pompa, visto che il petrolio greggio prima di diventare benzina va distillato e raffinato. Per questo l’Unione Nazionale Consumatori ha depositato un esposto all’Antitrust, che ha subito chiesto lumi alle compagnie, e svariate Procure hanno già aperto fascicoli di indagine. D’altronde a parlare di speculazione e di una colossale truffa a spese delle imprese e dei cittadini è stato il ministro stesso competente in materia, il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani.
Come è la situazione in Lombardia?
Ovviamente anche i lombardi pagano come tutti gli altri i rialzi di luce, gas e benzina, ma ci sono altre voci che per il momento segnano un incremento inferiore rispetto alla media nazionale. Ad esempio, se i prezzi degli alimentari sono saliti del 5% in Italia, in Lombardia si fermano al 3,4%. Così l’inflazione complessiva di febbraio in Lombardia è pari al 5,1% su base annua contro il 5,7% dell’Italia. Non c’è, però, troppo da consolarsi. Se, infatti, si traduce l’inflazione in soldoni, ossia in termini di aumento del costo della vita, allora la situazione, per via dei consumi più elevati delle famiglie lombarde, si ribalta. Se in Italia l’inflazione al 5,7% comporta una maggior spesa annua (da febbraio 2021 a febbraio 2020) pari in media a 1338 euro a famiglia, in Lombardia il +5,1% determina un aggravio annuo pari a 1384 euro.
La classifica delle città lombarde.
Se analizziamo la classifica delle città lombarde, il record dei rincari spetta a Brescia e Varese dove l’inflazione tendenziale di febbraio pari a +5,5% implica la più alta spesa aggiuntiva, equivalente a 1512 euro per una famiglia media. Al secondo posto Pavia dove il rialzo dei prezzi del 5,4% determina un incremento di spesa annuo pari a 1485 euro per una famiglia media, al terzo posto Milano, dove il +5,1% genera una spesa supplementare pari a 1478 euro per una famiglia tipo. Seguono, sotto la media lombarda, Lecco e Mantova dove si spendono mediamente 1372 euro in più (+5,2%), al quinto posto Lodi (+4,9%, pari a +1347 euro).
Le città più virtuose della Lombardia in termini di spesa aggiuntiva più bassa, sotto la media nazionale, sono Cremona, la più risparmiosa con un’inflazione del 4,6% e un esborso addizionale annuo di 1.265 euro, al secondo posto Como (+4,7%, pari a 1292 euro) e al terzo Bergamo (+4,8%, +1320 euro). Il punto, però, è che nessuna famiglia di Cremona ha avuto un aumento annuo dello stipendio pari a 1265 euro.
Le conseguenze.
L’inflazione riduce il potere d’acquisto delle famiglie che si impoveriscono sempre più. Inevitabile conseguenza è la riduzione dei consumi a quelli strettamente necessari e il rinvio di quelli superflui, con un conseguente rallentamento della ripresa economica. Per questo il Governo è intervenuto in questi mesi per diminuire le bollette di luce e gas, anche se in modo insufficiente e ora ha abbassato le accise su benzina e gasolio di 25 cent al litro. Provvedimento positivo, ma inadeguato se non cesseranno subito le speculazioni in corso.
Tabella: Classifica delle città più care, in termini di spesa aggiuntiva annua per famiglia media
N
|
Città
|
Rincaro annuo per la famiglia media
(in euro)
|
Inflazione
annua di febbraio
|
1
|
Brescia
|
1512
|
5,5
|
1
|
Varese
|
1512
|
5,5
|
2
|
Pavia
|
1485
|
5,4
|
3
|
Milano
|
1478
|
5,1
|
|
LOMBARDIA
|
1384
|
5,1
|
4
|
Lecco
|
1372
|
5,2
|
4
|
Mantova
|
1372
|
5,2
|
5
|
Lodi
|
1347
|
4,9
|
|
ITALIA
|
1338
|
5,7
|
6
|
Bergamo
|
1320
|
4,8
|
7
|
Como
|
1292
|
4,7
|
8
|
Cremona
|
1265
|
4,6
|
Articolo realizzato nell’ambito del Programma generale di intervento della Regione Lombardia con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello sviluppo economico. D.M. 10.08.2020